Lonelyllusion. ∞ Prologue

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  1. airi.
     
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    Lonelyllusion.
    P R O L O G U E



    XrvPRWD






    «Torspringe»
    Il meccanismo della porta scattò, e la ragazza entrò si soppiatto nella vasta stanza. Una stanza enorme e ricca di ogni bene possibile. Nulla in confronto a quella dove lei era abituata a vivere. “Al quarto superiore di Camelot queste cose le sognano…” pensò, facendo il minimo rumore possibile avvicinandosi allo specchio sopra il mobile di legno. L’occhio cadde su un forziere dorato, chiuso ermeticamente. Pronunciò la stessa formula ed esso si aprì come la porta. Aprendolo, uno scintillio dorato luccicò gli occhi della ragazza che lo stava rubando. Era un anello d’oro. Piccolo ed insignificante, ma d’oro. Il proprietario probabilmente non se ne sarebbe accorto se non dopo qualche giorno, visto che esso era sporco e quindi poco usato.
    L’infiltrata uscì dalla porta e si rivolse al meccanismo.
    «Bord, wipstand hine!» ed esso scattò, richiudendosi senza lasciare alcuna traccia di intromissione.
    Missione compiuta.
    Uscì dal castello senza farsi notare coprendosi col mantello nero, come se sapesse esattamente come muoversi. Era anche piccola, ma agile e silenziosa. Nessuno parve accorgersi della sua presenza.
    Ritornata alla parte più povera di Camelot, essa bussò alla casa di un vasaio. Egli aprì quasi immediatamente.
    «Isabel?» domandò l’uomo sorpreso.
    «Sì, eccomi. Tutto bene?»
    «Oh, come al solito tiriamo avanti. A cosa devo la visita?»
    Isabel si guardò intorno, come per assicurarsi che nessuno la vedesse.
    «Posso entrare? Meglio non farsi vedere…»
    L’uomo annuì e la invitò ad entrare con un gesto.
    Chiusa la porta dietro di sé, Isabel tirò fuori il bottino e lo mostrò con gioia al vasaio, che per poco non si mise a gridare.
    «Sssh!» rise la ragazza.
    «Non ci credo! E’ per noi?!»
    «Tutto vostro! Come al solito, fate in modo di non pronunciare il mio nome, promesso?»
    L’uomo entusiasta annuì e corse ad un mobile dove poggiava un sacco pieno.
    «Ecco qua, fagioli e dei pezzi di pane. Spero bastino per ringraziarti.»
    Isabel sorrise e prese con gioia il sacco di cibo che le era quasi costato la vita.
    «E’ più che abbastanza. Allora, usalo bene il ricavato di quell’oro!»
    Si salutarono ed Isabel sgattaiolò fuori dalla porta, pronta a godersi la cena in un angolo silenzioso della cittadina. Non appena ebbe finito, una donna la incrociò e si rivolse subito a lei, in preda al panico.
    «Stia tranquilla, signora, la aiuterò io. Ha un limite?»
    «Sì… riscuoteranno le tasse domani pomeriggio.»
    «Non rimarrà delusa, glielo prometto.»
    Nessuno sapeva come una ragazza così esile e minuta potesse essere così furba ed intelligente, tanto da rubare sotto al naso di nobili del castello. Questo perché non sapevano che essa potesse essere una maga.
    Nonostante Isabel fosse piuttosto bassa, quella donna era alta quasi quanto lei, quindi riusciva a guardarla negli occhi. I suoi erano verdi occhi pieni di sicurezza e compassione, pronti a sacrificarsi per il bene, ma erano occhi anche spenti, soli. Con uno sguardo e un segreto che non poteva condividere con nessuno.
    Ma quella era la sua vita. Rubare con la magia per fare del bene e guadagnarsi da vivere. Era quello che sapeva fare, ed era contenta. Quasi. Se non fosse per una cosa.
    Si chiedeva quanto sarebbe durata questa vita monotona e noiosa. Rubare era in un certo senso divertente e adrenalinico, ma mai quanto essere un cavaliere. Era il suo sogno: impugnare una spada e combattere al servizio della giustizia. Eppure, era un sogno del tutto irrealizzabile, date diverse circostanze. Non era nobile, e soprattutto non era un uomo.
    “Adattiamoci a quello che abbiamo” pensò, mentre si dirigeva nell’area circostante al castello, pronta per un prossimo colpo.







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