Heart-quake Syndrome // Heart-quake: Level 7

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  1. airi.
     
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    aqrh9hN



    Heart-quake: Level 7





    «Dannazione, dannazione!» imprecava Arthur correndo per i corridoi. La gente lo guardava con un’aria tra lo stupito e l’ironico.
    Perchè tutto questo casino? vi chiederete voi.
    Pochi minuti prima, ad Arthur era giunta voce che Seychelles e Lily fossero bloccate in palestra da dei tipi loschi.
    Il ragazzo entrò sbattendo violentemente un piede. Notò subito un piccolo gruppo di studenti ammassati in un punto e si avvicinò sospetto.
    Non rimase particolarmente colpito quando in mezzi a questo cerchio vivente vide Seychelles, Lily e due ragazzi mai visti prima. Seychelles ne stava dicendo di peste e corna ai due, con Lily dietro terrorizzata.
    “Ma allora se le va a cercare!” pensò.
    «Ehi, Seychelles!» gridò intervenendo «Che diavolo stai combinando?!»
    «Ah, ma brava!» ridacchiò uno dei due ragazzi «Alla fine lo hai chiamato, il tuo principe azzurro, eh?!»
    Seychelles si arrabbiò ancora di più. «Tu, piuttosto, come mai nessuno viene in tuo soccorso? Scommetto che quel tuo amico ti sta sempre appiccicato perchè l’hai pagato, razza di vigliacco!»
    Il tipo non si trattenne oltre ed alzò un pugno.
    «Tu, piccola...!»
    «Ehi ehi ehi ehi!» gli si rivoltò contro Arthur, bloccandogli la mano prima che superò la distanza di sicurezza dal viso di Seychelles «La finite o no?! Guardate che vi prendo a pugni!»
    «Fatti sotto, Principino!»
    Ma Arthur lo ignorò. «Voi due, andiamocene.»
    Le prese entrambe per le braccia e se le trascinò via.
    «Ehi, aspetta! Non ho ancora finito di dirgliene quattro!» guaiva Seychelles.
    «Se avessi continuato, non voglio sapere come sarebbe andata a finire, scema!»
    «Ma ha cominciato lui! Sono arrivati lì e ci hanno quasi obbligate a seguirli. Vero, Lily?!»
    La povera amica se ne stava giustamente zitta, ma annuì.
    Arthur si rifiutò di rispondere e poco dopo accorse Vasch.
    «Lily! Che è successo?!
    «N-Nulla, sto bene... grazie a questi due.»
    Vasch ringraziò Arthur e Sesel. Poi se ne andò con lei, rimproverandola.
    I due sospirarono all’unisono.
    Seychelles gli schiocco’ un’occhiataccia.
    «Sono io quella che dovrebbe sospirare.»
    «Se non fossi intervenuto io, ribadisco, non sarebbe finita bene.» ribattè lui. «E poi dove sono i professori quando servono?!»
    Seychelles si zittì e abbassò lo sguardo.
    Arthur la guardò.
    «Forza, ci conviene andare a prepararci, tra non molto ci sarà il ballo...»
    Si pentì amaramente di ciò che aveva appena detto. Il modo in cui se l’era lasciato sfuggire, sottintendeva il fatto che ci sarebbero dovuti andare insieme.
    «C-Cioè, no, non intendevo questo! L-Lo dico solo per farci evitare figuracce, no?!»
    Seychelles non reagì come previsto.
    «Sì, sì, d’accordo...» sbottò.
    E si avviò barcollando verso i dormitori.
    “?”
    Forse è ubriaca, si disse Arthur.

    Ore 22:00. Tempo da ammazzare ne rimaneva ancora un po’, quindi prima di prepararsi, Arthur andò a prendere una boccata d’aria in terrazza.
    Qui incontrò tutti i suoi compagni al completo: Alfred, Francis, Ivan, Yao, Feliciano, Ludwig, Kiku e Gilbert.
    «YO, Arthur!» gli venne incontrò Alfred, sovreccitato come al solito «Che è successo con quei tipacci?!»
    Doveva aspettarselo. Alfred era il peggior ficcanaso mai conosciuto.
    «Nulla di nulla, non sono affari tuoi...» affermò.
    «Eddai!» insistette l’americano «Se una ragazza è stata infastidita non ti pare che siano affari anche nostri?!»
    «O peggio, picchiata, aru...» commentò Yao.
    «Oppure violent-» cominciò Feliciano terrorizzato.
    «VIOLENTATA?» esclamò Francis in preda al panico «La mia dolce sorellina è stata violentata?!»
    «Niente del genere, idiota! E smettetela di inventarvi storie per soddisfare i vostri ideali!»
    Si arrese, e raccontò loro tutto il poco che c’era da raccontare, aspettandosi una reazione decisamente esagerata (e prevedibile).
    «Capisco...» disse Alfred, sottovoce «Insomma mi hai rubato il ruolo da HERO?!»
    Per l’appunto.
    Discussero per un po’, finchè Gilbert non tirò fuori l’argomento clue della serata.
    «Allora...» cominciò «Scommetto che hai intenzione di invitare Sesel al ballo, vero?» e lo squadrò con lo sguardo.
    «N-N...» balbettò l’amico di rimando.
    Poi si ritrovò a guardare il cielo.
    Nel buio di quella notte fredda, una luna rossastra sembrava riscaldare l’atmosfera.
    «... Forse.»
    Alfred e Feliciano misero un braccio attorno al collo di Arthur e si complimentarono.
    Francis, il fratello iperprotettivo sospirò, rassegnato.
    «Dovresti sbrigarti, fratello, la serata sta per cominciare!» esclamò giustamente Feliciano.
    Arthur annuì.
    «Voi piuttosto, chi avete intenzione di portare?»
    Ivan si guardò intorno circospetto.
    «Ehm, be’... credo mia sorella Yekaterina.»
    «E io mi prendo l’altra sua sorella, NAHAH!» esclamò fiero Alfred.
    «Io ci vado con Vietnam, aru.»
    «Monaco.» disse Francis sventolando una rosa rossa che Dio solo sa da dove tira fuori ogni volta.
    «Elizaveta, ovviamente!» disse Gilbert alzando il pollice.
    «E-Ehm... Mei mi ha obbligato ad invitarla, quindi...» balbettò Kiku arrossendo.
    (NdA: ARGH, troppo Moe. <3)
    «Io ho chiesto a tua sorella Wy» sorprese tutti Feliciano «Ed ha accettato!» disse tutto contento, spargendo fiorellini ovunque. (?)
    «Io mi astengo, non mi piacciono questo genere di cose.» sbottò Ludwig.
    Nessuno si aspettava il contrario.
    E allo stesso tempo, nessuno poteva definirsi insoddisfatto.


    Seychelles si sentiva strana quella sera.
    Anche lei ne era consapevole, ma non ne capiva il motivo.
    Stava davanti al suo specchio senza la minima intenzione di vestirsi per il ballo.
    Non ne aveva voglia.
    In fondo, nessuno l’aveva invitata.
    Arthur aveva appena finito di dire che non la voleva tra i piedi, o almeno così aveva capito.
    Si sentiva come se stesse correndo un po’ troppo con Arthur.
    Sentiva come se non avesse mai potuto funzionare.
    A lei Arthur piaceva. E molto.
    Seychelles aveva cercato di farglielo capire in tutti i modi, ma il ragazzo sembrava non mostrare alcun interesse al riguardo.
    L’aveva protetta, sì, ma chiunque avrebbe fatto lo stesso.
    Le rispondeva male e si dimostrava un po’ distaccato.
    «Il verde non mi sta bene.» disse, poggiando un vestito appena provato sul suo letto.
    Le vennero in mente gli occhi verdissimi del suo “dominatore”.
    Già, perchè dopotutto lei non era altri che una sua colonia.
    Per questo che la proteggeva. Per questo che gliene importava.
    Era come un pesce rosso: se non la si cura costantemente, potrebbe morire in poco tempo.
    «...Forse questo azzurro mare.» si disse.
    Deciso.
    Era un vestito semplice, uno a coda di sirena non troppo stretta e spalline perlate.
    Dettagli che non rispecchiavano per nulla il suo stato d’animo.
    Le sfiorò l’idea di non presentarsi proprio al ballo, nonostante l’avesse programmato lei stessa.
    Credeva di essersi finalmente avvicinata ad Arthur e di aver cominciato a capire il suo carattere ancora un po’. A quanto pare si sbagliava.


    Arthur era terribilmente preoccupato. Girava per la scuola da parecchio tempo nel tentativo di trovare Seychelles, invano.
    Aveva paura che si fosse persa o che addirittura qualcun altro l’avesse invitata prima di lui.
    Scorrazzò per i corridoi, nella mensa, in palestra, ma non riuscì a trovarla.
    Chiese anche ad alcuni studenti, ma erano tutti così presi dal momento che lo ignoravano.
    «Attenzione, prego!» una voce all’altoparlante interruppe i suoi pensieri. «Tutti gli studenti sono pregati di dirigersi nel salone da ballo! Il tanto atteso evento comincerà tra poco!»
    “Non c’è più tempo, dannazione! Dove si è cacciata?!”
    Tutti gli studenti si dirigevano accalcati ed ansiosi. Arthur non potè fare altre che seguire la folla.
    Arrivati nel salone, rimase davvero sbalordito dal lavoro che Feliciano e Lovino erano riusciti a fare.
    L’immenso salone di una normale scuola si era trasformato in una sala da ballo magnifica e degna di un’epoca nobiliare. Lui stesso non avrebbe potuto avere migliore senso artistico. Be’, si trattava dei due fratelli italiani, dopotutto.
    «Arthur-kun!» lo chiamò Kiku.
    Il ragazzo indossava uno dei tipici abiti da cerimonia giapponesi. Come si chiamavano? Yukata?
    A braccetto c’era Mei, tutta contenta che ogni tanto si stringeva di più al suo accompagnatore.
    «Sì?»
    «Quello smoking nero ti sta bene. Hai visto che bella quest’atmosfera?»
    «G-Già, niente male...»
    «Feliciano e Lovino hanno fatto un ottimo lavoro.»
    «Bando alle ciance, Kiku! Hai per caso visto Seychelles?»
    Kiku scosse la testa.
    «Temo di no, mi spiace... non l’hai ancora invitata?»
    Arthur deglutì.
    «Hai idea di dove possa essere?»
    Gli suggerì un paio di posti, che però Arthur aveva già controllato.
    «Che davvero fosse venuta al ballo con qualcun altro...?» si disse Arthur a bassa voce.
    Kiku gli mise una mano sulla spalla.
    «Stai tranquillo, Arthur-kun. Seychelles non è tipo da accettare un invito di uno sconosciuto. Dovresti saperlo, no?»
    Arthur lo guardò poco convinto.
    «Come fai a dirlo...?»
    Kiku sorrise.
    «Intuito giapponese.»
    «E coreano!» intervenne Mei alzando un braccio «Se davvero la pensi così, allora aspetta qui per un po’, no? Se è stata già invitata, arriverà con qualcuno!»
    «Mei, non gridare, per favore...»
    Non poteva ribattere. In fondo non aveva altra scelta.


    Aspettò cinque, dieci, venti minuti, ma di Seychelles e il suo presunto accompagnatore neanche l’ombra.
    Tutti si divertivano e ormai la serata era al suo apice. Doveva trovare Seychelles, adesso, se non voleva che tutto fosse vano.
    Uscì dal portone principale e provò a ricontrollare in giardino.
    Niente da fare.
    Qualcuno lo prese per un braccio.
    «Ehi!»
    Era Francis in smoking bianco.
    «Che c’è, Barbetta? Ora non ho tempo per litigare!»
    «E chi è che vorrebbe litigare? Dov’è che stai andando?»
    «A cercare Seychelles.»
    «Ma come, non l’hai ancora trovata?! Ormai è tardi, amico mio!»
    «Non mettere il dito sulla piaga! Piuttosto, hai idea di dove possa essere?»
    «Hai provato in terrazza?»
    No.
    «Ehm...»
    «Ma dai, è uno dei luoghi più ovvi! Il luogo in cui si rifugiano le ragazze sole e sperdute, in attesa di colui che verrà a salvarle da questa solitudine...» bofonchiò con aria sognante.
    «Non ho tempo per queste cose, Barbetta. Scappo, grazie dell’aiuto!»
    Corse velocemente su per le scale che portavano alla terrazza della scuola, e aprì la porta con un calcio.
    «Seychelles!»
    Seychelles era appoggiata sulla ringhiera che si affacciava alla città. Il panorama le faceva risaltare il suo bellissimo vestito blu marino.
    «A-Arthur?! Che ci fai qui?»
    Arthur si riprese dalla sorpresa.
    «Sono io che dovrei chiedertelo! Ti cerco da una vita! Ma dov’eri finita?!»
    Seychelles sbuffò.
    «Veramente sono sempre stata qui.»
    Certo la ragazza si comportava in modo strano.
    Arthur le si avvicinò e provò a prenderla per un polso.
    «Dai, andiamo dagli altri, non puoi stare qui sola. Sembri una sfigata.»
    Seychelles si liberò dalla stretta.
    «No, grazie, non mi piace questo genere di cose.»
    “Sta scherzando, vero?”
    «Ma l’hai organizzato tu! Sei stupida?»
    «Ebbene sì, sono stupida, problemi?»
    Arthur non potè più trattenersi.
    «Stasera sei strana! Si può sapere che hai?!»
    Colpita in pieno. Seychelles non sapeva cosa rispondere.
    «Non è vero...»
    «Oh, sì, che è vero! Non cercare di imbrogliarmi, perchè ti conosco meglio di quanto credi.»
    Questa affermazione fece quasi saltare in aria la ragazza, che subito dopo mormorò qualcosa che Arthur non comprese.
    «Che hai detto?»
    «Ho detto che tu non mi conosci!» esclamò infuriata.
    Arthur stava sudando freddo.
    «Hai idea di come ci si senta a essere trattate in quel modo?»
    «I-In... quel modo?»
    «Esatto! Sei scontroso, distaccato, per tutto questo tempo mi sei stato accanto solo perchè sono una tua colonia, vero? Speravo che mi invitassi al ballo, e invece no! L’unico a propormelo è stato un tizio completamente sconosciuto!»
    «Io? Distaccato? Colonia? Ma che stai dicendo?!»
    Seychelles gli diede le spalle incrociando le braccia, completamente rossa in volto.
    Silenzio.
    Arthur si sentiva a dir poco confuso. Non ci capiva più niente. Credeva di aver fatto tutto nel modo giusto, fino in quel momento, ma probabilmente aveva sbagliato qualcosa.
    O forse il problema era solo il suo carattere?
    E ora cosa poteva dirle?
    «Sesel... è tutto un malinteso.» cominciò «Non ti ho mai visto veramente solo come una colonia... c-cioè, all’inizio sì, ma pian piano ho iniziato ad ignorare questo mia parte possessiva.»
    Seychelles continuò ad ammirare l’orizzonte. Stava esagerando, decisamente. Arthur non la faceva così presuntuosa. Tutto era causato da un malinteso che probabilmente aveva come radice il modo di fare del ragazzo.
    «Suppongo che chiedere scusa non sia abbastanza.» concluse Arthur. «Devo averti ferita, lo so, non me ne sono reso conto subito. Oltre che questo non so cos’altro fare.»
    Seychelles rilassò le braccia, che fino a quel momento erano state incrociate.
    «Supponi giusto.»
    Arthur guardò l’orologio.
    Le si avvicinò e la prese per un braccio.
    «Cos-»
    «Vieni con me!» disse cominciando a correre, portandosela dietro.
    «Ehi, lasciami!»
    «Ti lascio al dormitorio, cambiati e mettiti l’uniforme!»
    «Cosa?»
    «Fa’ come ti dico, diamine! Io farò lo stesso!»
    Seychelles non ebbe il tempo di ribattere che si ritrovò già davanti alla porta della sua stanza.
    “Ma che-?”
    Un minuto dopo Arthur si ripresentò davanti alla sua porta. Sesel si era cambiata, ma non aveva capito dove lui voleva arrivare.
    La prese nuovamente per il polso e corsero per la scuola, deserta, diretti dove solo Arthur sapeva.
    «Se farmi stancare fino alla nausea è un tuo modo per chiedere scusa, allora ti perdono, promesso!! Ma ora dimmi dove stiamo andando-»
    «Meglio chiedere il perdono che il permesso, tra poco lo scoprirai!»
    Uscirono in giardino ed Arthur la portò su una collinetta isolata della scuola. Da lì si poteva vedere tutta la città.
    Si fermarono, ansimando come non mai.
    «Puff... pant... e ora aspettiamo.» disse Arthur, rosso in volto sia per la stanchezza che per altri, ovvi motivi.
    «A-Accidenti a te... non ho mai corso così tanto in vita mia...»
    Arthur guardò nuovamente l’orologio e sorrise.
    “Spero solo che Gilbert sia puntuale...”
    BOOM!
    Seychelles guardò il cielo, sbalordita.
    «Ci siamo!»
     
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