Lonelyllusion. ∞ Episode 1

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  1. airi.
     
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    Lonelyllusion.
    E P I S O D E 1



    XrvPRWD






    Il portone della sala del trono si aprì, lasciando entrare due guardie che tenevano per il braccio una ragazza, incatenata. Il tintinnio delle manette rimbombò per l'intera sala mentre il Consiglio si zittiva.
    «Eccola, Sire,» disse una delle guardie «L'abbiamo sorpresa a rubare nelle vostre camere.»
    Il re si alzò dal suo trono e le si avvicinò, l'azzurro dei suoi occhi incontrò il verde dei suoi.
    Aveva affrontato spesso ladri ed aveva dato loro la stessa punizione: frustati; ma questa volta era sicuro che si sarebbe sentito in colpa per avere assicurato una simile sorte ad una giovane ragazza.
    «Lo sai quale punizione spetta a chi ruba, qui a Camelot?» chiese, puntando ad una domanda retorica.
    La ragazza abbassò leggermente lo sguardo e rispose, pronta a inchinarsi di fronte alla sua solennità.
    «S…Sì, Sire.»
    «E allora come mai stavi rubando?»
    «Ho una sorella ammalata da sfamare.»
    Re Artù rivolse uno sguardo alla corte, che ricambiò con un cenno d'assenso. La ragazza fece altrettanto, ma incontrò il volto di un ragazzo, un po' più grande di lei. Il servitore, Merlino, colse in lei una sensazione strana, come se vedesse in lei qualcosa di familiare.
    Socchiuse gli occhi per guardarla meglio, ma lei distolse lo sguardo.
    «Restituisci quello che hai rubato e ti lascerò andare, sempre che tu non ti faccia più vedere in giro.»
    Nonostante metà corte approvasse tale decisione, la ragazza mostrò una nota di paura che venne sottolineata dal suo mordersi le labbra, poi ribattè.
    «Sire, prima vorrei chiederle un favore, se mi è permesso.»
    Artù trattenne una risata.
    «Un favore? Dopo che ti hanno sorpresa a rubare nelle mie camere? Sono io che ti sto facendo un favore, non frustrandoti e infrangendo la legge.»
    La giovane ladra annuì, consapevole della grazia che le era stata offerta.
    «Ma ecco, vede… la verità è che ho fatto ciò che ho fatto per potermi ritrovare in questa sala.»
    Artù inarcò un sopracciglio.
    «Prego?»
    «Sì, esatto…» farfugliò lei. «Il mio scopo era proprio quello di ritrovarmi in questa situazione, poiché ho già provato una volta a chiedere un'udienza con voi, ma mi è stata rifiutata.»
    Artù si rivolse ad un cavaliere, con sguardo di rimprovero, che egli ricambiò stringendosi nelle spalle, come voler far credere che la colpa non fosse sua.
    «Non mi è giunta alcuna richiesta di udienza, ma comunque… spiegati meglio.»
    A Merlino quella storia non convinceva, ma a quanto pareva Artù la aveva presa in parola.
    «Vorrei lavorare a palazzo, Sire» confessò tutto d'un colpo.
    Un brusio si sollevò nella sala.
    «E tu pretendi che ti faccia lavorare qui dopo quello che hai fatto?» osservò Artù. Ora anche lui aveva dubbi sulla sua storia così vaneggiante.
    «Ve l'ho detto, Sire, era tutto calcolato, ve lo giuro su mia sorella! Voglio davvero lavorare per voi.»
    Non sembrava ancora convinto, ma forse Artù voleva darle una possibilità, quale re giusto che tutti credevano che fosse.
    «Come ti chiami? Da dove vieni?»
    «Isabel. Sono della Città Bassa.»
    Con un gesto, Artù chiamò Gaius e Merlino, prendendoli da parte.
    «Non vorrei chiederti troppo, ma potreste tenerla sott'occhio finchè non le avrò trovato una sistemazione adatta?»
    Gaius chinò la testa. «Con piacere, Sire.»
    Isabel venne liberata, le venne tolto il mantello nero e Gaius la portò con sé nella sua stanza che condivideva col giovane mago.
    Isabel indossava abiti maschili, forse per muoversi meglio in quello che faceva, suppose Merlino.
    «Piacere mio, sono Gaius, medico di corte» disse, scambiandole una stretta di mano.
    La ragazza avrebbe voluto ringraziarlo per un trattamento così gentile, ma decise che non sarebbe stata una buona idea in quella situazione.
    «Lui è mio allievo e mio ospite, Merlino.» continuò il vecchio.
    «Ciao, piacere mio» rispose Merlino.
    «Bene, Isabel,» disse il medico «Devo trovare qualcosa da farti fare, immagino. Possiamo fidarci di te?»
    Lei annuì più volte, cercando di convincerli, anche se ciò non tranquillizzò affatto il vecchio. In fondo, come poteva una ragazza saltata fuori dal nulla pochi minuti prima assicurargli fiducia? D'altra parte, però, anche Merlino gli era apparso allo stesso modo, seppur con intenzioni diverse.
    «Merlino, và con lei al mercato» decise infine. «Mi servono delle spezie.»
    Gli allungò un foglietto listato preso dalla tasca della borsa.
    «Certo, Gaius» ed il ragazzo le fece gesto di seguirlo, chiudendo la porta.

    Durante il cammino verso le bancarelle, il silenzio divenne imbarazzante, nonostante il vociare e il movimento del popolo inondassero ogni angolo della città. Merlino si sentì in dovere di rompere il ghiaccio.
    «Isabel… è vero quello che hai detto?»
    Lei lo guardò come se avesse appena fatto una battuta vecchia e per niente divertente.
    «Certo che sì! Ho giurato su mia sorella!»
    «Sempre che tu ne abbia una, dico bene? Non penso che se una persona avesse una sorella malata la abbandonerebbe per lavorare al castello.»
    Isabel sbuffò e mugugnò qualcosa che Merlino non colse. Immaginó che lo avesse mandato al diavolo.
    «Senti un po', ora ti faccio io una domanda» lo silenzió come se le avesse colpito un punto fatale. «Perché sei sempre alla gogna? Ormai mezza Camelot ti conosce per quello.»
    L'ultima osservazione avrebbe quasi reso contento il ragazzo, sapendo che la sua fama fosse così grande, ma si accorse che Isabel si stava trattenendo dal ridere. Intuì quindi che non fosse una cosa di cui andare fieri.
    «Eeh, sai com'è… essere il servo di Artù ha i suoi pregi e i suoi difetti» cercò di giustificarsi.
    Per poco Isabel non inciampò nell'aria.
    «Siete il servo di Artù?!»
    «Già, e devo ancora decidere se andarne fiero oppure no.»
    «…»
    «Ti sfido a fargli da servitrice per una giornata. Ti pentiresti di non essere nata con problemi fisici che ti dissentano da ogni lavoro.»
    «Ne dubito, ma se lo dici tu...»
    Merlino vedeva in lei qualcosa di strano, qualcosa di nuovo ma allo stesso tempo di già visto. Come se condividesse con lei qualcosa di essenziale. Non riusciva a spiegarselo. Tra l'altro, diamine, era piuttosto carina con quel volto ovale ed infantile ed una lunga frangia che ricopriva leggermente gli occhi verdi. I capelli li teneva legati, ma era piuttosto sicuro che se se li fosse sciolti le sarebbero ricaduti fino alle spalle, morbidi come la seta. Decise comunque di sopprimere ogni pensiero strano.
    Arrivarono al mercato e cominciarono a fare quello che gli era stato chiesto.
    «Cosa serviva a Gaius?»
    «Spezie varie. Guarda, quella è la bancarella» indicò il ragazzo.
    Pochi istanti dopo, prima che chiedessero aiuto al mercante, un fragrante CRASH attirò l'attenzione dei due, facendoli voltare dalla parte del rumore. Un uomo era a terra affianco ad un vaso rotto, mentre un altro omone lo minacciava con una spada puntata al petto.
    Quel genere di cose succedevano spesso in quella zona della città, tuttavia nessuno riusciva mai ad intervenire.
    Quasi nessuno.
    «Ci risiamo!» esclamò Isabel, correndo verso l'assalitore come se lo conoscesse.
    Merlino si riprese dallo stato di sorpresa. «Ehi!» gridò correndole dietro.
    La ragazza si era armata di una spada dal fabbro a fianco ed ora era a faccia a faccia con l'uomo. E che uomo! Sarà stato il triplo di lei. Se fosse stata una ragazza normale, non avrebbe neanche considerato l'idea di affrontarlo. Ma Merlino stabilì che quella non si trattasse di una giovane qualunque.
    «Ancora tu, Garret?» ringhiò lei interdetta. «Non ti avevo detto di lasciarci in pace? Sarai anche grosso, ma hai il cervello di una gallina!»
    Erano entrambi in posizione di difesa.
    «E' la mocciosa che ti ha atterrato l'altra volta, Garret» notò un secondo uomo tra la folla, probabilmente suo collega.
    «Tsk, non dirlo neanche per scherzo!» disse furioso Garret. «E' stata tutta fortuna, stavolta non otterrà lo stesso risultato.»
    Allungò un affondo, che Isabel schivò al pelo.
    Merlino fece per intervenire, quando sentì una strana sensazione pervadergli il corpo.
    All'improvviso l'arma dell'avversario si conficcò in profondità nel terreno, lasciandolo del tutto disarmato. Isabel si ritrovò in netto vantaggio in un attimo, grazie al quale avrebbe potuto ucciderlo facilmente, ma si limitò a graffiargli il volto con la punta della lama.
    «Sei un bastardo, Garret, non osare dare più fastidio alla gente che suda per lavorare. Altrimenti la prossima volta non te la caverai con una ferita.»
    Pronunciò l'ultima frase in modo solenne e risoluto. I due uomini se la diedero a gambe, più terrorizzati che in collera. Sarebbe stata una scena comica, vedere quei due che inciampavano ovunque pur di allontanarsi da lei, se non fosse stato per il fatto che l'uomo a terra non si muovesse.
    Merlino si avvicinò a lui ed aiutò la moglie a riportarlo in casa, prendendolo da sotto le spalle.
    «Sta bene?» chiese lei preoccupata.
    «Stia tranquilla, ha solo battuto la testa, in pochi minuti si riprenderà.»
    La donna ringraziò. Offrì loro una manciata di denari, che Merlino rifiutò senza pensarci due volte; Isabel, invece, per un attimo parve tentata, ma poi scosse la testa.
    I due uscirono per tornare ai loro doveri. Merlino non poteva fare a meno di chiedersi come avesse fatto una ragazza a vincere contro un mostro come quello. E la sensazione che aveva provato… non c'era che un'unica spiegazione.
    Isabel si appoggiò al muro e lanciò un gridolino di sollievo, come avesse appena rischiato la vita in un gioco d'azzardo. «C'è mancato poco! Che paura quel tipo…» «Che? Ma se l'hai steso!»
    «Certo, ma se mi avesse colpito sarei un arrosticino su quella spada a quest'ora. Grazie al cielo che so-»
    Si bloccò.
    «Sai…?» ripetè Merlino.
    «So… so maneggiare bene la spada. Hai visto, no?»
    «Oh, giusto.» Merlino fece un sorriso di scherno.
    «Che hai da ridere?» lo rimproverò lei con l'ennesimo sorriso da sfottimento.
    «Me la cavo!»
    "Vedremo", pensò il mago.
    Tornati da Gaius, Merlino si sedette, pronto per la cena che si meritava.
    Isabel non prese posto al tavolo, ma si sedette sul letto, come se avesse paura di infastidirli. Gaius e Merlino si misero a fissarla.
    «Che c'è? Sono sporca da qualche parte?»
    «No, ma…» mormoró Merlino.
    «Puoi anche sederti con noi, non mordiamo mica.»
    «Io no, almeno. Gaius sì, se lo fai arrabbiare.»
    «Merlino!»
    I due si misero a ridere, ed Isabel non potè fare altro che fare altrettanto.
    Nonostante tutto, quel posto cominciava a piacerle. Non era difficile come tutti dicevano, e la gente che ci viveva era più socievole di quanto si sospettasse.
    Più socievoli della sua stessa famiglia, si affrettò a notare. Ma seppellì all'istante il pensiero. Non voleva rimettersi a piangere inutilmente.
    Con un gesto automatico, toccò il livido sul suo collo.
    Prese posto con loro e guardando il suo piatto pieno per poco non svenne.
    «Cos'è tutto questo ben di Dio?!» esclamò davanti al pollo e all'insalata.
    Merlino la guardò stralunato. «La cena.»
    «M-Ma voi mangiate sempre così qui? Diamine, se avessi saputo che essere una serva mi avrebbe messo in stomaco tutto ciò, non ci avrei pensato due volte a mentire…»
    Si rese conto troppo tardi di ciò che aveva appena detto. Volle staccarsi la lingua e darla in pasto ai corvi.
    «Cioè… ah, dannazione.»
    «Non hai alcuna sorella, giusto?» intuì Gaius.
    «Ce l'ho scritto in fronte?» Sospirò. «Un'idea del momento si può dire. E' così, in realtà non era il mio scopo finire per servire qua, ma è preferibile che essere frustrati, suppongo.»
    «O essere messi alla gogna. Oh, quella è terribile! Anche se ultimamente posso dire di sentire la sua mancanza. Il re ha spesso da fare e non ha tempo di badare ai miei casini.»
    «Se vuoi posso fare in modo di farti notare da lui…» propose Isabel con un sorriso maligno.
    Merlino la fissò.
    «Ci ho ripensato, grazie.»

    La serata andò avanti, ma prima di andare a letto Merlino decise che era il momento di confermare le sue teorie. Prima si toglieva il peso, prima era sicuro di andare d'accordo con lei.
    Con la sua magia, fece scivolare dallo scaffale un recipiente con un liquido.
    «Sta' attenta!»
    Prima che esso potesse finire in testa alla ragazza, lei fu più veloce.
    «Ic pe hate!»
    Quegli occhi verde scuro si incendiarono di un arancio intenso, e il flacone rimase sospeso per aria, composto compreso.
    Gaius e Merlino rimasero a bocca aperta.
    Quando Isabel si rese conto di ciò che aveva appena fatto senza pensare, se ne pentì immediatamente, lasciando andare l'incantesimo.
    Il recipiente cadde a terra e il liquido le finì in testa, donandole ai capelli un colore verde vomito. Merlino sperò che nell'intruglio contenuto non fossero presenti erbe rare o costose, altrimenti sarebbe toccato a lui riappropriarsene.
    «Sei… una maga?» fece Gaius.
    Mentre Isabel tentava disperatamente di levarsi quella roba dai capelli, agitava le mani come in preda ad un attacco epilettico.
    «N-No! Non è come sembra, vi sbagliate! Era un'allucinazione.»
    «Isabel.» insistette lui.
    Lei si zittì del tutto, abbassando lo sguardo e trovando all'improvviso i suoi stivali un soggetto interessante. Una goccia di quel finto vomito le cadde ai piedi.
    Perfetto, ora l'avrebbero fatta catturare e altro che gogna, sarebbe bruciata viva nelle fiamme dell'inferno.
    «Non aver paura» la rassicurò Merlino, interrompendole i pensieri «Con noi il tuo segreto è al sicuro. Capisco come ti senti.»
    Isabel incontrò gli occhi azzurri di lui ed ebbe un sussulto. Poche volte le era capitato di conoscere un ragazzo così... attraente. Volle darsi una sberla per averlo pensato, poi si rese conto che lei stessa non incontrava tante persone tutte insieme.
    «Certo, come no…» rispose con sgarbo.
    C'era da aspettarselo. Merlino non aveva altra scelta. Gaius non sembrava molto d'accordo, ma in fondo sarebbe stato meglio per entrambi.
    «Baerne»
    Una fiammella si accese nella mano destra del giovane, che si spense a suo comando.
    Isabel la osservò, estasiata.
    «Sei un mago anche tu?»
    «Già» confermò lui «E credimi, quando dico che ti capisco, non lo dico solo per consolarti. Cioè, sì, anche per quello, ma so come ci si sente. Gli unici a sapere il mio segreto sono Artù, Ginevra, Gaius e... te.»
    Silenzio.
    «Comunque credo…» intervenne Gaius «Che ci sia qualcosa che tu ci debba dire. Hai rischiato tanto, rubando nelle stanze reali. Hai usato la magia, non è vero?»
    A questo punto, Isabel credette che più nei guai di così non poteva finirci. Tanto valeva confessare ogni peccato.
    «Uso la magia solo per quello scopo. Non sono nata qui. Vengo da un villaggio a Nord, Alder. Sono venuta a Camelot per… motivi familiari e vivo da sola la mia vita, guadagnandomi da vivere rubando. Tutto qui.»
    Il silenzio calò nuovamente nella stanza. A quanto pareva, non era disposta a dire altro, al momento. Merlino capiva bene, in fondo la avevano appena conosciuta ed arrivare a fidarsi fin da subito era complicato da entrambe le parti. Quando se la sarebbe sentita, si sarebbe confidata. Non che ci sperasse tanto.
    «Ascoltami, Isabel» cominciò Gaius «Se decidi davvero di lavorare qui al castello, devi fare molta più attenzione. Ci sono guardie ovunque, e se ti vedessero usare i tuoi poteri… non avrebbero la nostra stessa reazione.»
    «Lo so bene…»
    «No, non credo. Hai agito inavvertitamente con quel flacone, senza sapere che fossimo effettivamente a favore della magia. Cerca di controllarti meglio» le ordinò Gaius.
    Per un momento, Merlino vide una nota di malinconia nel volto della ragazza. Solo allora si rese conto che sul collo era ben visibile un livido. Vecchio, visto il colore giallastro.
    «D'accordo» Sorrise. «Grazie, allora.»
    Entrambi ricambiarono il sorriso.
    «Dormirai in stanza di Merlino, per stanotte.»
    «Cosa?» esclamò, ma correggendosi con un colpo di tosse. «Voglio dire, certo, assolutamente sì, nessun problema!»
    Isabel scoppiò a ridere.
    «Non ce n'è bisogno! Sono abituata a dormire per terra, se oggi facessi la stessa cosa non mi cambierebbe nulla.»
    «Insisto» ribattè Merlino.
    «… D'accordo, se ci tieni.»
    Isabel lo guardò storto, e si diresse nella camera del ragazzo. Per uscirne quasi subito, con un libro in mano.
    «Rimproverate tanto la sottoscritta,» cominciò. «Ma intanto qui c'è un libro di magia aperto e in bella vista.»
    Gaius lanciò un'occhiataccia a Merlino, che rispose con un sorriso disperato.
    «Scusate. Farò più attenzione.»
    «Sarà meglio per te.»
    Merlino si sistemò e Gaius andò nel suo letto. Nella stanza ora si sentiva solo lo scoppiettare dell'ultima candela accesa di fianco a Merlino, che continuava a studiare sul libro.
    «Ehm, Merlino…»
    Una voce assonnata lo riportò alla realtà. Isabel era uscita dalla stanza con una coperta che le avvolgeva il corpo.
    «Gaius è un medico, no? Non è che avrebbe qualcosa per… chessò, farmi addormentare più in fretta?»
    Merlino sorrise.
    «Non riesci a dormire?»
    «Non ho detto questo.»
    Merlino annuì e si alzò, dirigendosi verso il tavolo sul quale lavorava Gaius.
    Prese una provetta dal liquido violastro e gliela porse.
    «Un sorso basterà, è molto forte.»
    «… Mi posso fidare?»
    «Ehi, tutto quello che so me lo ha insegnato Gaius!»
    Isabel lo guardò con un'aria che voleva dire "non sembri uno che impara in fretta".
    «Non preoccuparti, il massimo che potrebbe succederti è… morte istantanea. Non te ne accorgeresti nemmeno.»
    «Ora sono molto più tranquilla.»
    «Ma non accadrà, te lo assicuro!»
    Isabel rispose con un cenno di ringraziamento e fece per tornare nella stanza. Prima di isolarsi, mise fuori la testa dalla porta.
    «Ehm… grazie» disse a bassa voce, come se fosse faticoso pronunciare quella parola. Merlino notò che non lo stava neanche guardando direttamente in faccia.
    Poi sparì di scatto dietro lo stipite, senza aspettare una risposta.
    "E' solo timida" pensò, per poi tornare al suo libro di incantesimi. Non sapeva spiegarselo, ma in un certo senso Isabel gli pareva diversa da tutte le ragazze che aveva conosciuto. La sua insicurezza verso certi aspetti gli ricordava molto quella di... Freya.
    Scacciò all'istante il pensiero, dandosi una pacca in testa. Si era ripromesso di non voler tornare sull’argomento.
    Non ci volle molto, che richiuse il libro e scivolò nel mondo dei sogni.
     
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